Succede di notte
mentre la città dorme
che tra i suoi meandri
nulla vi riposi
se non dei grandi
le immagini imponenti
e dei comun mortali
l’esito delle gesta.
Ed è poi di notte
che soli nelle tane nostre
torniamo a desiderare
chi in altre focose notti,
tra ispidi cespugli
e degenerati ambienti,
offriva solo il corpo,
o chi in altri ancor momenti
l’anima sua donava
e senza fisico contatto
il cuore d’improvviso
ci incendiava di passione;
mai e poi mai
scorderemo il volto loro
al tiepido lume della luna
dolcemente illuminato,
nei giardini sconsacrati
o nel puro e casto sentimento
chiedere ancor l’amore.
Ed è poi al nascere del giorno
che ignavi nella vita nostra
fra cianfrusaglie inutili
e artifici dai media mitizzati
scegliamo per sola convenzione
un viso nuovo da mostrare, lindo,
dove l’amor che tanto è sacro
non ne addolcisca troppo i lineamenti,
dove l’amor più umano e osceno
non vi incida del piacer le rughe.
Torneremo a sognar presto
nei languidi tuguri,
nei suntuosi palazzi
chi soddisfa il material desio,
chi giurerebbe amore eterno sull’altare;
e noi poveri relitti
sembriam svegliarci solo a tarda sera
dopo che la città nostra
ha dormito un sonno non suo,
vissuto una vita che solo è parvenza,
illusione,
nefande nostalgie
di glorie antiche e ardori.
Ma su ogni viso
che teso al bello tiene
dei grandi si riflettono
le opere imponenti
dei comun mortali vedi
l’esito delle celate gesta,
tra viali, piazze e monumenti
d’una metropoli
che è d’arte il suo destino
che non indossa ancora,
ahimè!
tra i suoi paesaggi
il profumo
dei miei lontani amori.
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